Cari proprietari oggi abbiamo con noi il Prof. Maurizio Dal Bue che ci parlerà dei nuovi orizzonti terapeutici in medicina veterinaria grazie alle cellule staminali .
Il collega è stato docente universitario dal 1972 al 2010.
Una esperienza ultratrentennale come chirurgo veterinario presso la Facoltà di Medicina Veterinaria dell’Università di Parma.
Numerosissime le sue pubblicazioni, oggi cura anche la parte relativa alla comunicazione dell’associazione RegenerAps che si occupa di divulgazione della medicina rigenerativa nel mondo dei medici veterinari per piccoli e grossi animali, oltre a diffondere notizie chiare e utili anche tra i proprietari.
Per i medici veterinari e biologi inoltre RegenerAps organizza corsi di formazione per la preparazione di un corretto PRP in ambulatorio, un corso pratico che consente al professionista di essere subito operativo nell’applicazione di queste terapie.
Buongiorno Maurizio, sono molto contenta di affrontare questo argomento con chi si occupa in primo piano della ricerca sulle cellule staminali. Partiamo dall’inizio, cosa sono le cellule staminali e perché suscitano così grande interesse?
Buongiorno a te Valentina e grazie per questo spazio.
Cellule staminali: cosa sono?
Innanzitutto occorre fare una precisazione:
le cellule staminali sono cellule di vario tipo e con caratteristiche differenti quindi, anche se comunemente si parla di cellule staminali, bisogna sapere che non sono tutte uguali.
Quelle che generalmente vengono impiegate come terapia sugli animali sono le cellule staminali mesenchimali adulte (MSC), che sono in grado di rigenerare tutti i tessuti di origine mesenchimale, che sono la stragrande maggioranza di quelli che si ammalano negli animali:
- cute,
- mucose,
- ossa,
- cartilagine,
- muscolo,
- tendine,
- fegato,
- reni,
- cuore, ed altri.
Le MSC (Cellule Staminali Mesenchimali) sono definite cellule multipotenti, a differenza delle cellule staminali embrionali (EMC), che sono totipotenti ed in grado di rigenerare anche organi.
Altro tipo di cellule sono le staminali riprogrammate (IPS: staminali indotte pluripotenti), cioè cellule adulte, che, attraverso complessi sistemi di laboratorio, vengono indotte ad uno stadio originale e in grado di funzionare in modo molto simile alle cellule embrionali.
Da questa breve descrizione, penso che si capisca quanto l’argomento sia complesso e quanto la ricerca in questo ambito possa riservare sviluppi ad oggi difficili da prevedere.
È importante che chi parla di terapie cellulari e soprattutto chi vuole attuarle sappia che si tratta di strumenti terapeutici molto avanzati che possono rappresentare una enorme risorsa per la salute degli animali (così come dell’uomo)
Possono anche essere un grande pericolo se applicate senza le necessarie conoscenze biologiche.
Per chi si avvicina a queste terapie, l’argomento sicuramente esercita un grande fascino e questo spiega il crescente interesse per queste cellule.
Come si ottengono le cellule staminali? Il nostro cane/gatto si deve sottoporre a un prelievo doloroso?
Le cellule staminali mesenchimali, in natura, sono presenti in tutti i tessuti di origine mesenchimale, che sono quelli elencati prima.
Sono cellule adulte ma indifferenziate e sono silenti, cioè sono situate in particolari sedi del tessuto, le cosiddette “nicchie”, e stanno lì inattive.
Quando il tessuto subisce un danno (non solo un trauma, ma anche un fenomeno degenerativo come quelli che si verificano spesso a carico delle cartilagini articolari o di alcuni organi interni), loro si mobilizzano dalle nicchie e si dirigono verso il punto dove è necessaria la loro opera di riparazione.
Questo processo di mobilizzazione è peculiare di queste cellule e si chiama “homing”, cioè la loro capacità di dirigersi e fermarsi (homing: prendere casa) là dove c’è il danno.
Homing: una caratteristica peculiare delle cellule staminali, in natura come nelle applicazioni terapeutiche.
Pertanto, le cellule staminali mesenchimali si attivano naturalmente in caso di necessità e rappresentano il naturale processo biologico di riparazione di qualunque danno tissutale.
Noi, con le terapie cellulari, non facciamo altro che somministrare le cellule in una quantità molto superiore di quelle già presenti naturalmente, sfruttando le biotecnologie che in laboratorio le amplificano.
Se è vero che le cellule sono presenti in numerosi tessuti, alcuni ne contengono molte di più ed in particolare il tessuto adiposo.
Quindi viene prelevato il tessuto adiposo per isolare e amplificare le cellule?
Si, in genere è così.
Qui dobbiamo fare un’altra distinzione che non è solo una semplice classificazione come può sembrare a prima vista, ma che riveste aspetti pratici importanti.
Le cellule possono essere autologhe, cioè derivate dal tessuto adiposo prelevato dallo stesso animale al quale poi verranno somministrate; oppure omologhe (dette anche allogeniche), cioè derivanti da un tessuto prelevato da un altro animale della stessa specie (DONATORE).
Va da sé che, se usiamo cellule autologhe, è necessario sottoporre l’animale ad un piccolo intervento per il prelievo del tessuto; diversamente, le cellule omologhe saranno conservate dal laboratorio congelate e potranno essere pronte per l’uso al bisogno, senza necessita di alcun prelievo per l’animale.
Sottoposto il nostro animale al prelievo cosa succede al campione? Dopo quanto tempo saranno pronte per essere utilizzate?
Bisogna rendersi conto che le cose non sono così semplici e soprattutto quando si decide di iniziare un trattamento con cellule staminali bisogna programmare tutte le fasi in modo meticoloso.
In altre parole, le terapie cellulari non si possono improvvisare, perché rischieremmo di fare danni enormi sull’animale.
Per questo motivo questi trattamenti dovrebbero essere attuati solo in centri di referenza che posseggano un background culturale e una attrezzatura idonea a eseguire nel modo ottimale i vari passaggi, dal prelievo del tessuto, al confezionamento del campione, al trasporto verso il laboratorio di produzione, al trasporto di ritorno delle cellule ed infine alla loro somministrazione.
A mio parere, la fase della somministrazione è la meno complicata: spesso si risolve con una banale iniezione, vuoi per via sistemica, vuoi localmente, forse eco-assistita (cioè attraverso l’assistenza di un apparecchio ecografico), ma pur sempre un’iniezione.
Per tornare alla domanda, per prelevare un po’ di tessuto adiposo occorre sottoporre l’animale ad una breve anestesia.
In genere, nel cane e nel gatto, il grasso si preleva con una piccola incisione a livello ombelicale oppure dal fianco, attraverso liposuzione.
In caso di utilizzo delle cellule dello stesso paziente da trattare, cioè cellule autologhe, il tessuto prelevato deve essere:
- confezionato in modo idoneo,
- spedito (o portato), in adeguate condizioni di temperatura, al laboratorio,
- qui le cellule saranno sottoposte al processo di isolamento ed espansione, che richiede circa 2-3 settimane per ottenere un numero di cellule idoneo al trattamento da fare,
- il laboratorio, infine, invia al centro veterinario le cellule nella dose richiesta dal veterinario.
Anche sul dosaggio è necessario essere abbastanza precisi e in ambito scientifico non c’è ancora uniformità di vedute sulla dose ottimale da impiegare nelle diverse patologie.
Se invece vengono scelte le cellule omologhe?
Scegliendo di utilizzare cellule da donatore, in questo caso le cose sono molto più semplici:
- il medico veterinario decide che un determinato animale necessita di una terapia cellulare,
- telefona al laboratorio per avere una dose.
- il laboratorio ha diverse dosi crioconservate, cioè già pronte conservate in azoto liquido a – 196°C,
- le scongela e le mette a disposizione del medico veterinario nella quantità richiesta.
L’impiego di cellule da donatore, inoltre, evita l’intervento per il prelievo del tessuto, cosa molto importante ogni volta che si deve trattare un animale per il quale l’anestesia sarebbe un rischio troppo elevato.
Se per certi versi l’utilizzo di cellule allogeniche semplifica le cose, per altri versi l’impiego di cellule derivate da un altro animale obbliga il laboratorio ad una serie di esami finalizzati ad escludere la presenza di malattie trasmissibili.
Un altro problema che troppo spesso viene sottovalutato è che già dopo 6 ore che sono uscite dal laboratorio le cellule sono già morte quasi tutte, quindi la fase del trasporto e la distanza territoriale ne limitano molto l’uso.
Sono convinto che una parte degli insuccessi di queste terapie dipenda da questo importante particolare.
Motivo in più per praticare questi trattamenti in centri specializzati dove le cellule possano arrivare ancora congelate e dove ci sia personale qualificato ad eseguire le procedure necessarie nella fase di scongelamento, oltre che di controllo del campione.
Esistono altre tecniche che non hanno il limite del delicato trasporto?
Negli ultimi anni si sono aperte nuove possibilità con l’utilizzo della cosiddetta Frazione Stromale Vascolare (SVF), cioè la somministrazione di tessuto adiposo microframmentato che, una volta introdotto nel tessuto malato, è in grado di rilasciare milioni di MSC.
Frazione Stromale Vascolare: cos’è?
Quindi, non più cellule isolate ed espanse in laboratorio, ma tessuto adiposo opportunamente trattato in loco ed immediatamente somministrato al paziente.
Oggi c’è la tendenza ad usare questo tipo di terapia cellulare che è l’unico, al momento, che evita la delicata fase del trasporto (delle cellule dal laboratorio al paziente nel caso di terapia allogenica; del tessuto prima verso il laboratorio e delle cellule poi verso il paziente nel caso di terapia autologa).
Lo svantaggio del tessuto adiposo microframmentato sta nel fatto che, trattandosi di particelle di grasso, non possono essere somministrate per via endovenosa, ma solo localmente.
Inoltre, anche questo tipo di terapia necessita di un prelievo dall’animale, con tutte le problematiche associate.
Il grande vantaggio sta nel fatto che il trattamento viene eseguito nella stessa giornata e nella stessa seduta operatoria, quindi con grande tempestività dal momento in cui viene decisa la terapia.
Spero di essere riuscito a fare capire che, come per molte altre terapie avanzate, anche le terapie cellulari non possono essere generalizzate, ma abbiamo diverse opzioni terapeutiche che vanno attentamente valutate dal medico veterinario che dovrà decidere, in base alle diverse situazioni, quale sia utilizzabile in quel determinato paziente.
In medicina veterinaria le ho già viste utilizzare in diverse occasioni, abbiamo già delle certezze sui risultati o siamo ancora in via sperimentale?
Le terapie cellulari sono da considerarsi terapie sperimentali e lo saranno ancora per molti decenni sia in campo umano che animale.
Questo, però, non deve essere frainteso: la ricerca in questo ambito è molto evoluta in tutto il mondo e le speranze che sono state risposte in queste terapie fanno sì che costantemente si scoprano nuovi campi di utilizzo.
In alcune malattie hanno già dimostrato di funzionare in modo eccellente, per altre si hanno già molti riscontri positivi e per tantissime altre ci sono i presupposti per cui possano funzionare.
Quali sono le patologie per le quali abbiamo risultati evidenti?
Non è facile rispondere in modo esaustivo a questa domanda.
A me piace classificare le malattie sensibili alle terapie cellulari, secondo uno schema mio personale, in:
- Accertate
- Possibili
- Probabili
- Ipotetiche
Patologie accertate:
- tutte le malattie traumatiche a carico di tendini,
- legamenti,
- ossa e, in particolare,
- articolazioni.
Credo che oggi le artropatie degenerative (artriti e/o artrosi) siano quelle maggiormente trattate nel cane e sulle quali si sono ottenuti risultati più confortanti.
Ma non tralascerei altre patologie, quali:
- tendiniti,
- desmiti,
- contratture muscolari, e
- miopatie,
- fratture complesse e comminute,
- con ritardi nel consolidamento,
- pseudoartrosi,
- alcune mancate unioni, come l’UAP.
Patologie Possibili:
le malattie autoimmnuni aumentano rapidamente ed esistono già riscontri molto interessanti nel trattamento della cheratocongiuntivite secca e della gengivo-stomatite del gatto.
Anche le malattie a carico del midollo spinale rientrano a mio parere in questo gruppo.
Patologie Probabili:
vanno annoverate alcune malattie sistemiche e malattie d’organo:
- l’epatite,
- l’insufficienza renale,
- la pancreatite,
- la cardiomiopatia degenerativa.
Patologie Ipotetiche:
in particolare esistono numerosi studi nel campo dei tumori, che fanno sperare che in un futuro queste terapie possano essere impiegate anche in campo oncologico.
A questo proposito, anche noi, in collaborazione con medici e biologi della medicina umana, stiamo conducendo uno studio clinico sull’impiego delle cellule staminali come veicolo per trasportare farmaci antitumorali tali da potere essere rilasciati nel tempo in modo controllato all’interno di un tumore che non può essere asportato o in un tessuto nel quale il tumore è intimamente infiltrato e non totalmente eliminabile chirurgicamente.
In un prossimo futuro le malattie di questo elenco aumenteranno iniziando dal basso e, con l’avanzare delle ricerche, tenderanno a slittare nelle categorie più in alto.
Il tutto deve essere sempre supportato da documentazioni scientifiche che giustifichino l’attuazione di queste terapie in determinate situazioni cliniche.
Personalmente ne ho sentito molto parlare per il trattamento della cheratocongiuntivite secca, ulcere corneali, epatiti, artrosi e cardiomiopatia dilatativa. Lei cosa ne pensa?
Si. Infatti le ho inserite nell’elenco soprastante.
Personalmente, ritengo che oggi queste malattie possano trovare nelle terapie cellulari una valida soluzione.
Tuttavia, occorre lanciare un messaggio molto chiaro:
rimaniamo nel campo delle terapie sperimentali, non tanto perché non ci siano le basi scientifiche per cui possano funzionare, ma soprattutto perché non ci sono ancora casistiche (intendo in tutto il mondo) che ne garantiscano la costanza dei risultati, che possano essere valutati statisticamente.
Un fattore limitante in relazione ai risultati ottenibili è che oggi ci si rivolge a queste terapie quasi sempre dopo averle già provate tutte e dopo una serie di insuccessi con altre terapie.
Quindi, molte patologie vengono trattate in fase cronica, quando si sono già instaurate modificazioni spesso difficili da risolvere.
Queste scelte tardive potrebbero dipendere anche dal costo ragguardevole di queste terapie, sulle quali si è già creato un business?
In molti aspetti della vita il prezzo spesso condiziona le scelte e queste terapie, che indubbiamente sono più costose di altre, sicuramente in parte trovano un ostacolo alla loro diffusione anche nel prezzo.
Comunque, è stato conteggiato che,
valutando il totale dei costi in genere sostenuti per curare, ad esempio, un’artrosi in un cane in maniera tradizionale, spesso questi risultano molto superiori a quelli che si sarebbero sostenuti se la malattia fosse stata trattata fin dall’inizio solo con cellule staminali.
Infatti, molto spesso queste patologie articolari richiedono diverse sedute di trattamento, con relative visite di controllo, anestesie, medicazione, ecc. ecc, mentre la terapia cellulare molto spesso si attua con un’unica somministrazione che mantiene gli effetti terapeutici per molti mesi e talvolta anche per tutta la vita.
Certo che l’impatto di dovere spendere una cifra importante in una sola volta è diverso rispetto a spendere poco per molte volte.
C’è anche da dire che, per fronteggiare queste spese, ci si potrebbe affidare a compagnie assicurative, che coprono in parte queste spese, abitudine ancora poco radicata nella nostra vita quotidiana.
Quanto al business, è verissimo: ma, se vogliamo essere oggettivi, è tutto business, sia nel commercio, sia nell’industria, sia nelle professioni, ovunque.
Anche il medico veterinario, in quest’ottica, fa business tutti i giorni quando sta in ambulatorio e richiede una parcella per le sue prestazioni: qualunque professione può essere definita un business, quella dell’avvocato, del notaio, del commercialista ed anche quella del medico, del dentista, del ginecologo, del dietologo. Potremmo andare avanti all’infinito.
Ma io non criminalizzerei il business in questo senso, purché le cose vengano fatte secondo scienza e coscienza.
Quello che mi sento di criminalizzare è l’uso di queste terapie, che comunque sono costose, in modo incompetente e senza le necessarie conoscenze soprattutto delle complicazioni che possono ingenerare.
Questo sì che va criminalizzato!
Possiamo dire che a maggior ragione in questo campo è importante per i proprietari informarsi bene e affidarsi a professionisti con molta esperienza nel settore delle staminali?
A questo proposito, personalmente sono molto impegnato da molti anni a cercare di fare informazione corretta sulle possibilità di utilizzo di queste terapie per curare i nostri animali.
Informazione a 360 gradi sia sui medici veterinari, molti dei quali ancora non conoscono l’esistenza di queste terapie, ma anche sui proprietari di animali i quali, oggi, sono soliti navigare su internet e raccogliere notizie di qualunque tipo, molte delle quali basate su fonti poco attendibili.
Con questa finalità abbiamo creato un’associazione di promozione sociale, che si chiama RegenerAps (www.regeneraps.org), che è un’associazione senza fini di lucro, che fornisce informazioni semplici su queste terapie e che cerca di mettere a contatto i proprietari con le strutture veterinarie qualificate per eseguire questi trattamenti.
Si tratta di una lenta opera di tessitura, per nulla facile, attraverso la quale però confidiamo di riuscire a fare qualcosa di utile per gli animali.
RegenerAps per statuto mette a disposizione parte dei sui introiti (che derivano solo dalle quote associative degli aderenti) per finanziare queste cure per quegli animali che non hanno la fortuna di vivere in famiglie abbienti e che diversamente non avrebbero la possibilità di curarsi.
Quand’è che un proprietario ha validi motivi per fare questa terapia?
A mio parere, tutte le malattie che hanno dimostrato di rispondere positivamente, sulle quali da anni sono riportati risultati di guarigione, possono essere trattate con successo: in pratica, le malattie che io ho considerato nel gruppo delle risposte accertate.
Poi, ci possono essere alcune malattie sulle quali, ad oggi, non ci sono certezze di risultati, ma che possono giustificare un trattamento qualora la malattia condizioni in maniera importante la qualità di vita dell’animale.
Un cane con un’insufficienza renale acuta, una nefrite cronica, una miocardiopatia dilatativa, una malattia infiammatoria intestinale cronica (IBD), una cheratocongiuntivite secca (KCS) molto probabilmente troverà nella terapia cellulare una risposta terapeutica che altrimenti non avrebbe.
Credo che al centro della questione non debba essere messo né il proprietario, né il costo, né l’organizzazione a fare questi trattamenti, ma esclusivamente l’utilità che l’animale può ricevere dalla terapia.
Bene Maurizio, ti ringrazio infinitamente per questa intervista altamente specialistica. Credo proprio che i lettori di Amica Veterinaria avranno finalmente le idee più chiare su questo argomento!
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